Tra identità e discriminazione

15:13



Mi sono sempre sentita diversa, ma non troppo, non del tutto. Cioè, sì, sono sempre stata "quella nera" ma l'ho sempre sentito più come un attributo, del tipo "hai gli occhi azzurri". Personalmente la storia della diversità ho imparato ad accettarla e a vederla come un qualcosa di aggiunto. Una cosa alla quale sono sempre stata molto avversa è quella sorta di ghettizzazione che spesso avviene tra persone della stessa nazionalità o etnia, inizialmente non la capivo. Poi, un giorno, illuminazione: è una confort zone. Ma da cosa si proteggono? di cos'hanno paura? Sarà forse la paura di venir feriti? 
Perchè la discriminazione fa male, ti fa sentire diverso, ingiustamente escluso. 
E a questo punto non so come continuare. Continuo a scrivere perchè questa è la quinta volta che provo a scrivere di questo argomento e tutte le volte finisce che mi fermo e penso "non ha senso". 
Ma questo è il mio blog e deve avere un senso per me, non per gli altri. Quindi scrivo ciò che penso e vaffanculo. 
Settimana scorsa sono finita in mezzo ad una situazione alquanto sgradevole ma che lì per lì mi ha fatto ridere, pensavo di aver riso perchè l'avevo presa alla leggera, perchè non mi importava, perchè io sono superiore. In realtà era una risata nervosa. Certe cose si buttano sul ridere per sdrammatizzarle e non dargli importanza ma questa si è insidiata nella mia testa, e sento il bisogno di scriverla.
Ero appena scesa del treno, avevo gli auricolari ma non ascoltavo la musica, ormai mi capita sempre più spesso. Poco prima di scendere dalle scale della stazione sento delle urla di una donna che diceva "Dovete prima far scendere!Incivili! Tornatevene nel vostro paese!". Mi sono accorta che si riferiva ad una coppia di africani che stava salendo le scale per andare a prendere il treno dal quale eravamo appena scesi. Lì per lì ho pensato che fossero delle grandi teste di cazzo quelli che si erano messi ad inveire perchè, da che mondo è mondo, si sa che si tiene la destra sulle scale (e in teoria anche sui marciapiedi, ma va beh), quindi che senso aveva prendersela con questi qua? Scese le scale, nel sottopassaggio, questo gruppo di simpatici individui si è fermato a parlare ostruendo il passaggio, così ho chiesto gentilmente ad una di queste se PER PIACERE potesse farmi passare. Lei cos'ha fatto? "Vaffanculo anche te!" seguito da commenti alquanto sgradevoli, ma, ripeto,  avevo gli auricolari e l'unica cosa che ho fatto è stato camminare e lì per lì ho riso, davvero, l'avevo presa benissimo, tant'è che arrivata a casa ci ho riso su con mio papà. Ma non è giusto, non sono giustificabili certi comportamenti. C'è un controllore sull'autobus che mi dà il tormento da settembre e non ho mai voluto pensare fosse un problema di razzismo ma di antipatia personale. Ora, ho aperto gli occhi e vedo quanto odio ci sia e comprendo il perchè della confort zone. 
Ovviamente, trovo ancora sbagliato il ghettizzarsi ma ho capito una delle possibili motivazioni e mi rendo conto di come l'odio dilagante non faccia che allontanarci tutti di più, ci rinchiudiamo nelle nostre cerchie e chiudiamo il tutto ermeticamente per paura di venire feriti. La cosa accade da ambe parti, nessuno è escluso da questo meccanismo.
Non è stata la prima volta in cui sono stata discriminata e il fatto di sapere che di certo non sarà l'ultima mi intristisce. Sono la prima a dire che in Italia di razzismo non ce n'è molto e che non è tanto un fattore etnico quanto invece uno culturale. Più passa il tempo più la mia teoria si sgretola. Le cose dovrebbero migliorare non peggiorare, o no? Questa cosa mi manda in bestia. Io stessa spesso sono propensa a non frequentare un certo tipo di persona per non venire vista come "una di loro" ma mi sono resa conto di quanto sia una stronzata perchè tanto sono già "una di loro" e questo dalla nascita.
Uno dei problemi che mi tormenta fin da piccola è quello dell'identità culturale. Io cosa sono? da dove vengo? Biologicamente, sulla carta sono dominicana ma mentalmente molto poco, così poco che alla domanda "da dove vieni" mi viene da rispondere dicendo di essere italiana, ma di fatto non la sono e questa cosa mi ha sempre destabilizzata molto. Lo so che probabilmente non ha senso parlare di appartenenza o radici, probabilmente non ha senso sentirti di questa o quella nazionalità, dai, siamo nel ventunesimo secolo, siamo tutti cittadini del mondo. Non è così. Potrebbe esserlo, ma non ora, non fino a quando ci saranno nazionalità di prima e seconda categoria, fino a quando ci saranno paesi del terzo mondo, ah no giusto, oggi li chiamano "in via di sviluppo", e fino a quando ci distingueremo per etnie. Sono stata discriminata da ambe parti, non salvo un cazzo di nessuno, nè quelli che si sentono liberi di trattarmi in un determinato modo solo per il colore della mia pelle che quelli che mi giudicano per "uscire con i bianchi". È retorica spiccia la mia? Bene.
Tutto questo è così stupido. L'uomo è così stupido. Anni e anni di evoluzione per cosa? Per questo...ancora questo...



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